Il 28 aprile 2016 è la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto.

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima in almeno 125 milioni i lavoratori nel mondo esposti all’amianto; quantifica invece in 100.000 le morti causate ogni anno nel mondo dall’amianto, di cui almeno 3.000 in Italia. Gli esperti lanciano ancora un importante allarme: il picco delle morti e di coloro che si ammaleranno sarà raggiunto nei prossimi 4/5 anni e si morirà a causa dell’amianto almeno fino al 2040.

In Italia circa 75 mila ettari di territorio – Secondo Legambiente il programma nazionale di bonifica in Italia interessa circa 75 mila ettari di territorio in cui è stato accertata la presenza di eternit (cemento-amianto). I pochi interventi di bonifica realizzati riguardano annualmente solo 380 mila tonnellate di prodotto nocivo per cui sarebbero necessari oltre 80 anni per completare l’opera di dismissione dell’amianto in tutta la Penisola.

Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano – L’amianto, detto anche asbesto, ha una struttura fibrosa ed è costituito da un insieme di minerali che lo rendono resistente al calore, agli agenti chimici e atmosferici. L’utilizzo industriale dell’amianto risale alla metà del ‘800 quando era usato nella produzione di tessuti e carta. Da tenere ben presente che, per le sue caratteristiche, il suo utilizzo ha interessato un gran numero di settori industriali, in particolare come isolante antincendio, termico e acustico nei fabbricati civili, scuole, ospedali, carrozze ferroviarie, capannoni industriali, palestre, centrali elettriche e termiche, nelle navi, nelle chiese ecc. E’ stato impiegato per la produzione di oltre 3.000 tipi di prodotti in modo massiccio negli anni dal 1965 al 1983. Anche nel settore edile l’amianto è stato largamente utilizzato per la produzione di materiale da copertura dei tetti e di rivestimento delle tubature attraverso una composizione con il cemento denominata “Eternit”.

Una fibra killer – La grande pericolosità di questo prodotto è dovuta alla sua consistenza fibrosa. Il rilascio di fibre libere nell’aria dovuto all’usura del materiale, rappresenta la causa di gravi patologie in particolar modo dell’apparato respiratorio perché potenzialmente inalabili. Per dare un esempio esaustivo, basti pensare che in un centimetro lineare si possono affiancare 335.000 fibre di amianto. Le patologie più comuni dovute all’amianto sono l’asbestosi che ostacola il trasferimento dell’ossigeno dall’aria respirata al sangue oppure il mesotelioma, cancro al polmone, mortale nel 95% dei casi. In Italia nel periodo fra il 1993 e il 2012 sono stati registrati oltre 21.000 casi di mesotelioma pleurico maligno. Purtroppo alla gravità delle patologie si aggiunge un periodo di latenza fra l’inizio dell’esposizione ad amianto e l’insorgenza della patologia che può essere molto lungo ed arrivare anche a 40 anni; anche ciò contribuisce a determinare stime ridotte rispetto al fenomeno reale.

Stop alla produzione e suo utilizzo – In Italia, nel 1986, un’ordinanza del Ministero della Sanità ha limitato l’immissione nel mercato e l’uso della “crocidolite”, sostanza nota come amianto azzurro. A seguire il D.P.R. 215/1998 che ha esteso tale restrizione a tutti i tipi di amianto se impiegati nella produzione di giocattoli, articoli per fumatori, pitture e vernici. L’utilizzo di tutti i prodotti contenenti amianto è stato vietato definitivamente nel 1992, con la Legge n. 257, proibendone anche l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione.

Le malattie professionali al lavoro – Dei rischi legati all’utilizzo dell’amianto e quindi alla pericolosità dell’esposizione in ambito lavorativo, in Italia se ne ha consapevolezza ormai da diversi decenni, quando nel 1943 fu approvato l’inserimento nella lista delle malattie professionali dell’asbestosi polmonare cui seguì, per un aggiornamento nel 1994, l’inclusione del tumore polmonare e del mesotelioma pleurico. Solo nel 2008 venne inserita come patologia tabellata quella relativa alle placche pleuriche. L’I.S.P.E.L. (Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro) ha calcolato che in Italia dal dopoguerra, fino alla messa al bando dell’Eternit nel 1992, sono state usate oltre venti milioni di tonnellate di amianto e prodotte 3,75 milioni di tonnellate di amianto grezzo. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche calcola che ad oggi nelle città italiane vi sono almeno 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire con enormi ritardi per censimento, mappatura e interventi di bonifica.

Fondo per le vittime dell’amianto – In Italia la competenza nell’indennizzo delle patologie amianto-correlate, contratte in ambito lavorativo, è dell’I.N.A.I.L. La Legge Finanziaria 2008 ha previsto all’art. 1 l’istituzione di un Fondo per le vittime dell’amianto che prevede una prestazione economica assistenziale aggiuntiva. Ma l’esposizione personale a fibre di amianto, e quindi al rischio di contrarre una patologia correlata, non è limitata al solo rischio lavorativo: la Legge di stabilità 2015, all’art.1, comma 116, ha stabilito l’estensione della prestazione erogata dal Fondo per le vittime dell’amianto ai malati di mesotelioma riconducibile ad esposizione non professionale dovuta a “rischio ambientale” o per “esposizione familiare” collegata a lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto. Questa prestazione assistenziale è stata poi estesa agli eredi ai sensi dell’art. 1, comma 292, della Legge di stabilità 2016.

Collegato al discorso amianto si può anche leggere l’articolo “Amianto prestazioni anche ai malati per esposizione non professionale

Fonte: sito nazionale del Patronato ACLI

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