Malattia e infortuni delle assistenti familiari
La malattia e la relativa indennità per i lavoratori domestici è regolata nel Contratto Collettivo di Lavoro Nazionale (CCLN) che, in qualità di dipendenti privati a tutti gli effetti di legge, devono rispettare le regole generali per le visite fiscali e le fasce orarie di reperibilità. Quindi, così come per i lavoratori dipendenti, le fasce di reperibilità restano le stesse anche per le assistenti familiari, le badanti e le colf, incluse quelle in regime di convivenza: in questo caso il controllo Inps può non essere richiesto dal datore di lavoro (che garantisce vitto e alloggio) ma può essere attivato direttamente dall’ente previdenziale. Nel caso in cui sia prevista una sostituzione del lavoratore malato, lo stesso è obbligato a comunicare il domicilio per la reperibilità fiscale, ai fini dell’attivazione della visita fiscale anche su richiesta del datore di lavoro.
Ma torniamo alla normativa contrattuale di base: cosa deve fare una badante nel caso di malattia? Nel caso in cui la badante sia non convivente con il datore di lavoro, ha l’obbligo di comunicare allo stesso l’assenza entro l’orario di inizio attività, inviando il certificato medico entro il giorno successivo all’inizio della malattia. La badante convivente invece può esonerarsi da questo obbligo, salvo richiesta specifica da parte del datore di lavoro, o nel caso in cui dovesse ammalarsi in un periodo di ferie o di assenza dall’alloggio.
Fatti salvi accordi specifici tra lavoratore e datore, la malattia per la lavoratrice domestica viene pagata al 50% fino al 3° giorno di malattia e al 100% dal 4° giorno in poi.
Entrando nella specificità della retribuzione per intero, essa spetta per un massimo di otto giorni se si ha anzianità lavorativa fino a sei mesi, di dieci giorni con anzianità da sei mesi a due anni, per quindici giorni se superiore ai due anni.
L’indennità non viene corrisposta dall’Inps ma è a carico del datore di lavoro. La lavoratrice convivente malata ha diritto, inoltre, all’indennità sostitutiva di vitto e alloggio, salvo che non sia presente in casa del datore o se degente in ospedale.
La lavoratrice può conservare il posto di lavoro per un numero di giorni che varia in base all’anzianità di servizio: dieci giorni fino a 6 mesi di servizio, 45 entro i due anni, fino a un massimo di 180 con anzianità di servizio superiore a due anni. I termini aumentano del 50% in caso di malattia oncologica documentata.
La badante può perdere il posto di lavoro nei casi di superamento dei periodi di comporto (cioè del periodo in cui è consentita la conservazione del posto di lavoro), il datore di lavoro può procedere con un licenziamento per giusta causa.
E se la malattia fosse stata contratta durante, o a causa, di una attività lavorativa rischiosa? Come per tutti i lavoratori, anche alle badanti deve essere garantito un ambiente di lavoro sicuro, salubre e attrezzature idonee per il lavoro quotidiano con la persona da assistere. Se tutto ciò non fosse garantito, potrebbe non essere raro il rischio di un infortunio sul luogo di lavoro o di contrarre una malattia professionale. Infatti sono in aumento i casi di riconoscimento di malattia professionale da parte dell’INAIL a lavoratori domestici: tra le malattie professionali più riconosciute sono i disturbi muscolo-scheletrici, derivanti dalla non corretta movimentazione dell’assistito e le malattie respiratorie causate da agenti chimici contenuti nei prodotti per la pulizia della casa.
Il Direttore – Mariano Amico