“Con l’Unione si può crescere e vivere meglio; senza di essa si rimane condannati all’insignificanza e, soprattutto, all’impoverimento complessivo e alla soggezione verso i grandi poteri palesi e occulti che governano le sorti del pianeta. Per questo gli egoismi nazionali uccidono non solo l’Unione ma anche quella solidarietà senza la quale i singoli paesi sono destinati alla lunga a soccombere, per questo le prossime elezioni saranno un appuntamento decisivo” sono le parole di Mons. Mariano Crociata Vescovo di Latina e Vicepresidente della commissione episcopale dei Paesi UE. Non c’è pace senza Europa. Il nostro continente ha impastato la propria storia con i conflitti: ogni generazione, fino alla fine della seconda guerra mondiale, ha lasciato sul campo di battaglia il 20% di sé stessa a causa della ricerca di supremazia. Si spiega così la guerra, con i numeri delle stragi che porta dietro e delle faticose ricostruzioni che gli europei hanno dovuto affrontare.
La fatica di costruire cooperazione politica, economica e sociale tra i popoli, iniziata nel 1957 con i trattati di istituzione della Comunità Economica Europea, ci ha restituito dopo 70 anni l’idea che la guerra non è un destino ineluttabile e che la pace è l’unico motore di sviluppo, eguaglianza e benessere. Ci chiediamo spesso come si costruisce la pace e l’unicuum europeo ci restituisce la speranza di un esperimento riuscito. Un esperimento, appunto, che ogni giorno ha la necessità di essere analizzato, riflettuto, discusso e cambiato: l’idea che il mercato unico europeo possa ancora essere l’unico perno sul quale poggia la stabilità delle relazioni europee poteva valere fino al tempo della globalizzazione. Oggi non possiamo più costruire le nostre certezze di pace sugli scambi economici perché il disagio di chi è rimasto indietro e di chi, a causa dei conflitti e dei cambiamenti climatici si affaccia all’Europa, ci pone di fronte ad uno scenario nuovo in cui il nazionalismo, rigettato dalla storia, non è più un tabù per i governi nazionali.
Stiamo vivendo un tempo che va all’indietro, ripercorrendo tappe e conflitti già vissuti e che con un po’ di senso della storia dobbiamo fermare perché la pace non è la “normalità” ma una continua ricerca di miracoli, come quello di un continente a “sovranità condivisa” come spiegava Alcide De Gasperi.
L’Europa ha davanti un grande compito in un quadro mondiale che vede nuovi protagonisti molto più preparati al futuro rispetto a quelli del passato: essere potenza critica della globalizzazione nel mondo e riportare al centro della discussione l’Uomo nei suoi bisogni di dignità e sviluppo integrale di fronte all’economia aggressiva dello scarto e della conquista.
Ufficio Stampa ACLI – Animare l’Europa