“DALLA MEMORIA RINASCE IL DOMANI”: 27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2022 GIORNATA DELLA MEMORIA
Sono passati ben 77 anni dalla tragedia della Shoah, dopo così tanto tempo perché rimane nella memoria di tutte e tutti noi? E deve continuare a rimanere nella nostra memoria.
La risposta la troviamo nel significato di questa Giornata infatti si definisce Giornata della Memoria proprio per non dimenticare la persecuzione vissuta da milioni di persone a causa del Semitismo. Le testimonianze sono molte e ognuna di loro sottolinea due termini precisi “Paura” ma soprattutto “Ricordo”, in quanto ciascuno di loro afferma che è impossibile dimenticare le torture vissute all’interno dei campi di concentramento. Mi soffermo in particolare su una frase detta da Shlomo Venezia, ovvero: “Solo nel 1992, dopo 47anni dalla liberazione, ho avuto il coraggio di parlarne”. Da questa testimonianza si può comprendere lo stato d’animo con cui convivono queste persone. Raccontarlo, come molti affermano, non è semplice ma aiuta noi a comprendere il dolore che hanno subito e che purtroppo non si cancellerà più. È importante, quindi, non voltarsi dall’altra parte davanti a queste atrocità perché, come dice, la citazione di Primo Levi “se comprendere è impossibile conoscere è necessario”.
Ne parliamo con Mariano Amico – Direttore del Patronato ACLI e Amministratore del Sistema delle ACLI di Alessandria.
Direttore cos’è la giornata della memoria e quale significato ha per l’umanità? – Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui, alla fine della seconda guerra mondiale – i cancelli di Auschwitz vengono abbattuti dalla 60esima armata dell’esercito sovietico. Il complesso di campi di concentramento che conosciamo come Auschwitz non era molto distante da Cracovia, in Polonia, e si trovava nei pressi di quelli che erano all’epoca i confini tra la Germania e la Polonia. Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, già intorno alla metà di gennaio, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60.000 prigionieri vennero fatti marciare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra 9000 e 15000 sarebbero morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi incessanti della marcia. Altri prigionieri, circa 9.000, erano stati lasciati nel complesso di campi di Auschwitz perché malati o esausti: le SS intendevano eliminarli ma non ebbero il tempo per farlo prima dell’arrivo dei sovietici.
La giornata del 27 gennaio è andata ad assumere col tempo un significato simbolico: quello della fine della persecuzione del popolo ebraico. Il 20 luglio del 2000 in Italia è stata approvata una legge (la numero 211), composta da due semplici articoli. Questa legge istituisce ogni 27 gennaio il “Giorno della Memoria”: una commemorazione pubblica non soltanto della shoah, ma anche delle leggi razziali approvate sotto il fascismo, di tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e di tutti coloro che si sono opposti alla ‘soluzione finale’ voluta dai nazisti, spesso rischiando la vita.
C’è da dire inoltre che nel corso della storia ci sono stati diversi tentativi di genocidio: Ciò che rende unica la Shoah è il fatto che si trattò di un genocidio razionale, ben organizzato, che si avvaleva della tecnologia e di impianti efficienti per sterminare un popolo intero nel cuore dell’Europa.
Che cos’è la Shoah? – Per definire il genocidio degli ebrei vengono utilizzati due termini: Olocausto e Shoah. Il primo, utilizzato prevalentemente tra il 1939 e il 1945, vede la sua etimologia nel greco antico (olos tutto e causton brucia). Esso ricorda un tipo di sacrificio diffuso tra diversi popoli dell’antichità (tra cui greci, romani ed ebrei) che prevedeva che l’animale venisse completamente bruciato senza che la comunità potesse consumarne una parte.
Il termine Olocausto, scelto per l’immediato richiamo all’incenerimento dei corpi nei forni crematori, porta però con sé l’idea di sacrificio e di offerta alla divinità e restituisce un messaggio fuorviante e potenzialmente offensivo nei confronti delle vittime. La maggior parte degli studiosi, quindi, considera più appropriato la parola Shoah, derivante dalla lingua ebraica e utilizzata nella Bibbia con il significato di catastrofe, disastro e distruzione. Oggi, appunto, Shoah definisce il progetto di sterminio nazista e viene utilizzato dagli storici con due accezioni. La prima è strettamente riferita alla “Soluzione finale della questione ebraica” – espressione coniata dal nazismo per indicare il piano di eliminazione sistematica degli ebrei che vivevano su suolo tedesco o occupato dalla Germania portata avanti fino al termine della seconda guerra mondiale nel 1945. La seconda accezione, invece, oltre allo sterminio, include anche la legislazione antiebraica, applicata in Germania nel 1935 con le leggi di Norimberga e in Italia nel 1938 con le leggi razziali. La Shoah, infatti, si inserisce all’interno di una storia di antisemitismo di lungo corso, basata su pregiudizi e ostilità millenarie che si sono tramandati nel corso del tempo. Un terreno antico e già fertile, quindi, a cui il nazismo ha aggiunto una sua impostazione biologico-razzista. Secondo le leggi di Norimberga, infatti, venivano considerati ebrei o di sangue misto tutti coloro che avevano almeno un nonno ebreo, indipendentemente dal fatto che si considerassero ebrei o che si fossero convertiti ad altre religioni. Seguendo questa impostazione, i nazisti si proposero la distruzione totale e indiscriminata di ogni cittadino classificato di razza ebraica, considerando gli ebrei un pericolo per la sicurezza nazionale e la purezza della razza ariana. Non bisogna dimenticare che nell’obiettivo di una totale purificazione razziale rientrava – secondo l’ideologia nazista – anche l’eliminazione di Rom, Sinti, omosessuali, testimoni di Geova che furono infatti deportati nei campi di concentramento e sterminio. Attenzione non stiamo parlando di millenni fa, ma solo di 77 anni fa tempi tremendamente vicini a noi, purtroppo ancora nell’aria che respiriamo.
Perché è importante ricordare? – Ricordare e commemorare le vittime della shoah non significa affatto trascurare altri genocidi il giorno della memoria non è un omaggio alle vittime, ma semplicemente un riconoscimento pubblico e collettivo di un fatto particolarmente grave di cui l’Europa è stata capace, e a cui l’Italia ha attivamente collaborato. La memoria storica della shoah non riguarda soltanto il popolo ebraico, ma l’intera umanità, perché da questi avvenimenti si possono trarre insegnamenti.
Continua il direttore Mariano Amico, “affinché il ricordo della Shoah sia utile, tuttavia, la memoria non deve limitarsi soltanto all’indignazione e alla denuncia morale contro i crimini nazisti, sentimenti sicuramente giusti e naturali nei confronti di avvenimenti gravi e disumani. Perché la memoria abbia un senso, è soprattutto importante, prima di denunciare, capire ciò che accadde in Germania da un punto di vista storico con il Nazismo, ma poi anche in Italia con il Fascismo. Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo”. Nelle parole di Anna Frank è racchiuso il senso del Giorno della Memoria.
È questo il significato del Giorno della Memoria: il dovere di non dimenticare descritto da Primo Levi. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Mi sento di dire che se si dimentica il passato, si ritorna al passato e agli errori commessi. Un passato dove sono partiti treni che non sarebbero dovuti partire, se è successo può succedere di nuovo”.
Dalle parole di alcune giovani del Servizio Civile delle ACLI di Alessandria vogliamo trarre ispirazione per riflettere, i loro occhi sono il futuro e con il loro occhi vogliamo guardare il mondo.
Anastasiia – “Dobbiamo imparare a riconoscere echi minacciosi del passato nei pregiudizi contemporanei, nelle manifestazioni xenofobe e nella retorica anti-migranti, dobbiamo capire che l’incitamento all’odio può trasformarsi in gravi crimini”.
Anna – “L’umanità ritrovata dopo il limite estremo dell’orrore, purtroppo l’hanno raccontata in pochi. Per questo ricordiamo a voi e a tutti di non dimenticare”
Aurora – “Vedendo queste scene passare davanti ai miei occhi, stento ancora a credere a come tutto ciò sia potuto accadere, è bene apprendere dal passato per non ricommettere tali errori mai più, anche se riascoltare queste storie non è mai facile, è l’unico modo per non dimenticarle e anzi, dargli valore, giustizia e il rispetto che meritano e che ai tempi gli è stato privato”.
Emma – il 27 gennaio bisogna ricordare e capire che occorre rafforzare la solidarietà e la democrazia. Come diceva Primo Levi, “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”: è importante che tutti impariamo a cogliere i segnali di odio e violenza che si ripresentano e combatterli, prima che sia troppo tardi. Quello che è accaduto è riaccaduto. Potrebbe riaccadere, e in alcune parti del mondo sta già riaccadendo.
Martina – “Quel che è accaduto non può essere cancellato ma si può impedire che accada di nuovo. La shoah rimane una pagina del libro dell‘umanità da cui non si dovrebbe mai togliere il segnalibro della memoria.”
Suela – “Non possiamo scegliere una vita libera dalla sofferenza. Ma possiamo scegliere di essere liberi.” – Edith Eva Eger, una psicologa sopravvissuta ai campi di sterminio. Ho deciso di leggere questo libro perché la dottoressa Eger è l’emblema del riscatto vero e proprio, ma non solo, lei fa di più: insegna ad essere liberi di scegliere anche quando ci sembra di non avere scelta. È assurdo come sia potuto succedere, come l’umanità abbia permesso che morissero milioni di innocenti, e ancora oggi sembra che in situazioni di ingiustizia sia più facile scegliere di voltarsi dall’altra parte.
Martina Morelli – Servizio Civile ACLI Alessandria