Sentendo parlare di mobbing lo si collega immediatamente al lavoro in quanto la parola mobbing assume il significato di pratica persecutoria o di violenza psicologica perpetrata dal datore di lavoro o da colleghi (mobber) nei confronti di un lavoratore (mobbizzato) per costringerlo alle dimissioni o comunque a uscire dall’ambito lavorativo. L’Inail considera il mobbing una malattia professionale. I motivi della persecuzione possono essere i più svariati: invidia, razzismo, diversità religiosa o culturale rispetto al gruppo prevalente, carrierismo sfrenato, o semplice gusto di far del male a un’altra persona.
Gli elementi per identificare il mobbing sono: la presenza di almeno due soggetti; il mobber (parte attiva) e il mobbizzato (parte passiva), che entrano in contrasto tra di loro,
l’attività vessatoria continua e duratura; lo scopo di isolare la vittima sul posto di lavoro e/o di allontanarla definitivamente o comunque di impedirle di esercitare un ruolo attivo sul lavoro. Heinz Leymann è stato uno dei primi studiosi della materia che ha individuato due tipologie di mobbing:
- il mobbing di tipo verticale che è quello messo in atto da parte dei datori di lavoro verso i dipendenti per indurli a licenziarsi da soli, schivando così eventuali problemi di origine sindacale. Spesso si tratta di vere e proprie “strategie aziendali” per le quali è stato coniato il termine di Bossing: in tal caso sono i dirigenti dell’azienda ad agire,
- il mobbing di tipo orizzontale che viene praticato dai colleghi di lavoro verso uno di loro per varie ragioni: per gelosia verso colleghi più capaci per necessità di alleviare lo stress da lavoro oppure per trovare un capro espiatorio su cui far ricadere le disorganizzazioni lavorative.
Inoltre sulla vittima del mobbing influisce anche il comportamento dei così detti “side mobbers” cioè tutte quelle persone (superiori gerarchici, direttori del personale, colleghi di lavoro) che, pur non essendo direttamente responsabili delle azioni mobbizzanti decidono, essendone venuti a conoscenza, di restare “spettatori silenziosi” delle persecuzioni a danno della vittima designata.
Le regole che bisogna seguire quando ci si accorge di essere una possibile vittima del mobbing sono: avere pazienza in quanto il viaggio contro il mobbing è lungo, duro e difficile, non cedere allo scoramento e alla depressione (la vittima di mobbing è solo un capro espiatorio di una situazione che non dipende dalle colpe della vittima stessa), non pensare alle dimissioni, non pensare di essere gli unici, raccogliere la documentazione delle vessazioni subite, è necessario che si riesca a documentare nel miglior modo possibile le azioni mobbizzanti messe in atto, e organizzarsi per resistere. Quindi è importante trovare colleghi disposti a testimoniare ed è utile tenere un diario giornaliero per annotarsi ogni azione mobbizzante (con data, ora, luogo, autore, descrizione, persone presenti, testimoni). È fondamentale tenere un resoconto delle conseguenze psico-ficiche che si hanno perché il mobbing fa ammalare; i sintomi di questa malattia possono essere psichici (ansia, depressione, attacchi di panico…), fisici (insonnia, emicrania, cefalea, dolori muscolari, precoldialgie, palpitazioni cardiache, acidità gastrica, tremori, mancanza d’appetito…) e del comportamento (perdita dell’autostima, mancanza di fiducia in se stessi, senso di inutilità…). Tenere un resoconto aiuterà nel documentare il danno biologico che il mobbing ha determinato al fine della richiesta di risarcimento dei danni psico-fisici.
Alcuni utili consigli da seguire sono: mettere in forma scritta e protocollare o spedire per raccomandata A.R. ogni richiesta, non isolarsi, denunciare sempre il mobbing, scrivere la storia del mobbing subito per informare, ricorrere alle vie legali e chiarire subito gli obiettivi che si intende raggiungere (danno biologico, demansionamento, reintegro nel posto di lavoro, patteggiamento…) e la strada da percorrere.
Il Direttore – Mariano Amico
come posso contattare un centro acli per il mobbing?
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Se vuole può scrivere a questa email comunicazione.alessandria@patronato.acli.it il suo indirizzo di residenza così cercheremo il Patronato ACLI più vicino a lei.